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20 CANDELINE PER IL DROMO FESTIVAL .LA SARDEGNA SI RIANIMERA’ DI MUSICA E ARTI VISIVE

Dal 30 luglio al 15 agosto il ventesimo festival Dromos tra Oristano e altri undici centri della provincia: tanta musica, mostre e altri appuntamenti  per un’edizione intitolata “DromosRevolution”.Tra i protagonisti Dee Dee BridgewaterBombinoGonzalo Rubalcaba,Bokanté, Vinicio Capossela, Marialy Pacheco, Fatoumata Diawara, Roland Tchakounté, Kristin Asbjørnsen Seun Kuti.

È nel segno di una doppia ricorrenza il 2018 di Dromos: da un lato, le venti candeline del festival ideato e organizzato dall’omonima associazione che ogni estate tiene banco a Oristano e in diversi centri della sua provincia; dall’altro, il cinquantenario del 1968, anno cruciale e che tanti e profondi cambiamenti ha innescato nella società, nel costume, nella cultura. 
Concerti di spessore internazionale ma anche mostre, incontri e altri eventi collaterali caratterizzano anche l’edizione del ventennale del festival che dal 30 luglioal 15 agosto, sotto l’emblematico titolo “DromosRevolution“, transita in dodici comuni: Baratili San PietroBauladuCabrasFordongianusMogoro,MorgongioriNeoneliNureciSan Vero MilisUla Tirso e Villa Verdeoltre al capoluogo, Oristano.
 
Tanta musica e arte, ma anche libri e cinema caratterizzano il ricco programma di iniziative dedicate a un anno, una stagione che ha segnato uno spartiacque nella storia del secondo Novecento; e che, come scrive il critico d’arte Ivo Serafino Fenu, ideatore della sezione del festival dedicata alle arti visive, fu soprattutto “l’aspirazione di una generazione nel portare l’immaginazione al potere, secondo le teorie di Herbert Marcuse, uno dei padri nobili di quell’immaginifico e per certi versi irripetibile momento politico, sociale e culturale”. Ed è soprattutto questo l’aspetto che si intende approfondire, in linea con le tematiche che da sempre caratterizzano il festival. 

 
Il cartellone musicale prevede, come di consueto, una fitta serie di concerti, spaziando su più latitudini e generi, a partire dal jazz e i suoi immediati dintorni, con un variegato e qualificato cast di artisti, in larga prevalenza internazionali, dai quali è previsto un omaggio o una meditazione sul tema del festival. Particolarmente presente l’Africa, con la cantante maliana Fatoumata Diawara, con Bombino, il chitarrista tuareg originario del Niger, e con il ghanese Guy One, cantante e virtuoso del kologo (una sorta di banjo a due corde); e poi Cuba, con il cantante e percussionista Pedrito Martinez, il batterista Horacio “El Negro” Hernandez e i pianisti Gonzalo Rubalcaba e Marialy Pacheco. Da un’isola all’altra: la Sardegna schiera il Mal Bigatto Trio e il sassofonista nuorese Gavino Murgiainsieme al chitarrista franco-vietnamita Nguyên Lê e al percussionista/polistrumentista francese Mino Cinelu nel progetto Dream Weavers, ma ha un legame con l’isola anche il concerto di Vinicio Capossela. Affonda invece le radici tra il Delta del Mississippi e il deserto africano il gruppo Bokanté creato dal fondatore e leader degli Snarky Puppy, Michael League, a completare un cartellone in cui brilla una stella di prima grandezza del jazz come Dee Dee Bridgewater.
 
L’Africa è presente anche nel palinsesto di Mamma Blues, il “festival nel festival” che, tradizionalmente, suggella Dromos in tre serate a cavallo di ferragosto: il cantante e chitarrista Roland Tchakounté, camerunense ma da tempo di casa in Francia, e il nigeriano Seun Kuti, il figlio minore del leggendario Fela Kuti, sono infatti i nomi di spicco, insieme a quello della cantante e chitarrista norvegese Kristin Asbjørnsen, dell’appuntamento a Nureci, dove il blues targato Sardegna trova invece rappresentanza nel duo Don Leone e nel Bob Forte Trio.
 
Sul versante delle arti visive spicca invece la mostra 68/Revolution – Memorie, nostalgie, oblii,  in continuità ideale con la precedente e fortunata “Wild is the wind – l’immagine della musica”, ospitata sempre alla Pinacoteca comunale di Oristano tra fine dicembre 2016 e i primi di marzo dell’anno scorso. 
Intorno al tema del ’68 (e dintorni) ruota anche una rassegna cinematografica in tre tappe a San Vero Milis , mentre altri appuntamenti, come il consueto diario quotidiano curato da Alessandro Melis, e altri ospiti, tra cui il teologo Vito Mancuso, atteso per una riflessione sulla rivoluzione interiore, completano il quadro del ventesimo festival Dromos 
  
 
La lunga serie di concerti (tutti con inizio alle 21.30) si apre il 31 luglio alle Terme Romane di Fordongianus – new entry nel circuito di Dromos – con Bokanté, progetto creato da Michael League, già fondatore e leader della band di jazz-fusion americana Snarky Puppy; un progetto che affonda le radici tra il Delta del Mississippi e il deserto africano riunendo sotto la sua insegna otto musicisti provenienti da quattro continenti che portano sul palco le rispettive esperienze e tradizioni. Insieme a Michael League (che per l’occasione lascia il suo basso a favore della chitarra baritono) altri due Snarky Puppy – i chitarristi Chris McQueen e Bob Lanzetti – il virtuoso della pedal steel guitar Roosevelt Collier, e i percussionisti Jamey Haddad, André Ferrari e Keita Ogawa.
 
Il primo agosto il festival approda all’Anfiteatro di Tharros, il nuovo spazio per lo spettacolo allestito nella cornice esclusiva del sito archeologico sulla penisola del Sinis, nel territorio del Comune di Cabras. Protagonista del concerto “En el Camino”, finanziato dal Mistral Hotel di Oristano, la pianista cubana Marialy Pacheco alla testa del suo trio con il bassista colombiano Juan Camilo Villa e il batterista uruguaiano Diego Piñera. Nata a L’Avana nel 1983, di solida formazione classica, prima donna ad aver vinto la Montreux Solo Piano Competition in quindici anni di storia del concorso, Marialy Pacheco è anche l’unica esponente del gentil sesso nell’attuale leva di pianisti jazz cubani che annovera nomi del calibro di Roberto Fonseca, Omar Sosa e Gonzalo Rubalcaba.
 
Il 2 agosto a Bauladu si rinnova la collaborazione di Dromos con il ‘Du – Bauladu Music Festival, quest’anno alla decima edizione, ideato dalla Consulta Giovani Bauladu. Grande protagonista della serata all’Anfiteatro Comunale (ore 22.30), il cantautore, poeta, scrittore e fantasmagorico entertainer Vinicio Capossela in un concerto che intende celebrare la storia delle “Canzoni della Cupa”, il suo album uscito nel 2016, dopo una gestazione di tredici anni, cercando spunti e ispirazione tra l’alta Irpinia e l’Oristanese, come suggeriscono titolo e versi di un brano come “Componidori”. Vincitore l’anno scorso del prestigioso Premio Tencoalla carriera, Vinicio Capossela si è aggiudicato anche il Premio Lunezia Canzone d’Autore 2017 proprio per “Canzoni della Cupa”, definito dalla commissione “Album epocale”.
 
Venerdì 3 agosto Dromos fa tappa a Mogoro, dove sul palco allestito in Piazza Martiri della Libertà dilagheranno i ritmi ipnotici del Sahara e le sonorità del blues e del rock, ovvero la miscela trascinante che caratterizza la musica di Bombino. Il chitarrista e cantante definito da molti “il Jimi Hendrix del deserto”, nato e cresciuto ad Agadez, in Niger, nella tribù dei Tuareg Ifoghas, si rifà alle sonorità tipiche degli anni Sessanta/Settanta, inserite in un contesto rock-blues di matrice americana arricchito da vocalismi in Tamasheq, la lingua Tuareg. Quattro gli album all’attivo della stella del desert blues nella sua ascesa al successo internazionale iniziata nel 2011 con “Agadez”, seguito nel 2013 dall’acclamatissimo “Nomad”, nel 2016 da “Azel”, e dal recentissimo “Deran”, pubblicato lo scorso maggio.
 
La rotta del festival approda idealmente ancora a Cuba, il 4 agosto, con il concerto a Baratili San Pietro (in Pratza de ballusu) del percussionista e cantantePedrito Martinez con il suo gruppo (Jhair Sala alle percussioni e cori, Sebastian Natal al basso, percussioni e cori, Jassac Delgado Jr. alle tastiere e cori). Classe 1973, anche lui nativo de L’Avana, come Marialy Pacheco, da quando si è stabilito a New York, nell’autunno del 1998, Pedro Pablo “Pedrito” Martinez ha registrato o suonato con artisti del calibro di Wynton Marsalis, Paul Simon, Bruce Springsteen, Sting e partecipato a oltre cinquanta album. La sua voce tenorile perfettamente intonata combina agevolmente influenze popolari e folcloristiche con un’energia e un carisma contagiosi che lo rendono formidabile sia come front man che come percussionista. 
 
Da Cuba all’Africa di Guy One, il cantante e suonatore di kologo (un liuto a due corde), di scena il 5 agosto a Morgongiori, con una formazione che vede Florence Adooni e Lizzy Amaliyenga ai cori, Claudio Jolowicz e Bastian Duncker ai sassofoni e ai flauti, Johannes Wehrle alle tastiere e Max Weissenfeldt alla batteria. Di etnia Frafra, originario della zona rurale intorno a Bolgatanga, nel Ghana settentrionale, lo scorso gennaio Guy One ha pubblicato “# 1”, il suo nuovo album e prima uscita internazionale, che sta ricevendo un’ottima accoglienza da parte della stampa e nei dancefloor di mezza Europa. Frutto di una collaborazione tra Berlino e Bolgatanga, nato grazie all’iniziativa e all’intuizione del suo mentore Max Weissenfeldt, il musicista nonché produttore e A&R dell’etichetta Philophon Records da lui stesso creata, “# 1” è un disco radicato nella tradizione quanto nel contemporaneo, tra passato e presente, e il contrasto si amalgama in un tessuto di suoni assolutamente in linea con i nostri tempi.

 
L’Africa detta la rotta anche del concerto in programma l’indomani, lunedì 6 agosto, nuovamente nella splendida cornice dell’Anfiteatro di Tharros. Al centro dei riflettori, in una serata finanziata dalla Cantina Contini di Cabras, la cantante maliana Fatoumata Diawara, accompagnata da Yacouba Kone alla chitarra, Arecio Smith alle tastiere, Sekou Bah al basso e Jean Baptiste Gbadoe alla batteria. Classe 1982, tra le rappresentanti più vitali della musica africana d’oggi, Fatoumata Diawara approda in Sardegna reduce dalla recente uscita (lo scorso 25 maggio) del suo nuovo album, “Fenfo”, dove esprime tutta la sua maestria nelle melodie nitide e suggestive che attraversano il disco. Pur nel rispetto delle origini, la sonorità del disco è un atto di coraggiosa sperimentazione che caratterizza la cantante del Mali come nuova portavoce femminile della giovane Africa, consapevole delle proprie radici ma con una visione fiduciosa rivolta al futuro e dal linguaggio universale.

 
Il 7 agosto la musica di Dromos arriva anche a Oristano: all’Hospitalis Sancti Antoni, spazio al Mal Bigatto Trio, formazione sarda composta da Giuseppe Joe Murgia ai sassofoni, Antonio Farris al contrabbasso e all’elettronica, e Alessandro Garau alla batteria. Nato nel 2014 con la formula del trio senza strumento armonico, il gruppo ha registrato l’anno scorso il suo primo disco, “Archetipo”, composto da nove brani originali scritti dai tre musicisti. 
 
Si resta a Oristano l’indomani (mercoledì 8 agosto) per uno degli appuntamenti più attesi del festival: quattro anni dopo la sua apparizione a Tharros, ritorna a Dromos un’autentica regina del jazz, Dee Dee Bridgewater. In piazza Cattedrale, accompagnata da Skyler Jordan e Monet Owens ai cori, Bryant Lockhart al sax, Curtis Pulliam alla tromba, Farindell “Dell” Smith al pianoforte e all’organo, Charlton Johnson alla chitarra, Barry Campbell al basso e Carlos Sargent alla batteria, la poliedrica artista afroamericana, da oltre quattro decenni acclamata sui palchi di tutto il mondo, presenta il suo ultimo album “Memphis… Yes, I’m Ready”: un disco che segna non solo un ritorno ideale alle sue radici (la Bridgewater è nata infatti a Memphis, città famosa per il suo ruolo fondamentale nella cultura, nella musica e nella lotta per i diritti civili), ma anche un’innovativa rivisitazione di classici blues e R&B come “Why? (Am I Treated So Bad)”, “I’m Going Down Slow” e “Don’t Be Cruel”. 
 
Il 9 agosto tappa a Ula Tirso con un altro esponente di primo piano della musica cubana: lo straordinario batterista Horacio “El Negro” Hernandez alla testa del suo Italuba Quartet – con Amik Guerra alla tromba, Ivan Bridon al piano e Daniel Martinez al basso – sul palcoscenico in piazza IV Novembre per presentare dal vivo l’album “Italuba II”: in undici tracce un’esplosione della più fresca e potente Latin jazz fusion. 
 
L’immersione nella musicalità cubana prosegue il 10 agosto a Neoneli, dove tiene banco, in piazza Italia, una stella del jazz mondiale, il pianista e compositore de L’Avana Gonzalo Rubalcaba in trio con Matt Brewer al contrabbasso e Kyle Swan alla batteria. Attivo con progetti in piano solo e collaborazioni sia nel mondo del jazz che della classica, Rubalcaba (al quale, guarda caso, Horacio “El Negro” Hernandez ha legato una lunga e importante collaborazione, ai tempi in cui sedeva dietro la batteria nel gruppo Proyecto guidato dal pianista) ha da sempre sfidato le tradizionali classificazioni musicali. Il suo repertorio artistico non ha mai smesso di evolversi andando a toccare le sonorità afro-cubane, le ballate tradizionali cubane e messicane, i boleri e opere classiche cubane. 
 
Denso di fascino e magia l’appuntamento dell’11 agosto Villa Verde, nella splendida distesa di lecci di Mitza Margiani, dove va in scena il progetto Dream Weavers: un viaggio tra suoni ancestrali e moderne derive jazzistiche con un trio di raffinati interpreti della musica improvvisata: il sassofonista e polistrumentista nuorese Gavino Murgia, il chitarrista franco-vietnamita Nguyên Lê e il percussionista e polistrumentista francese Mino Cinelu.
 
La volata finale di Dromos è, come di consueto, a Nureci con Mamma Blues, tre intense serate per il “festival nel festival”, quest’anno alla decima edizione, più un’anteprima in calendario il 12 agosto: in programma “Upside down Woodstock”, un’esibizione dei neo diplomati della Music Academy di Isili, giovani talenti musicali alla prova del grande palco dell’arena Mamma Blues, con la speranza di tornare in futuro da veri artisti.
 
Apre invece la rassegna di ospiti internazionali – il 13 agosto – Roland Tchakounté. Con quattro album e centinaia di concerti all’attivo (in USA, Canada, Vietnam, Singapore, Africa, Indonesia, Francia, Germania, Belgio, Repubblica Ceca, Lituania, Italia e Spagna), il cantante e chitarrista originario del Camerun, ma da tempo trapiantato in Francia, si caratterizza per uno stile che mescola blues e tradizione africana (scrive in Bamiléké, la sua lingua madre), ispirato in partenza da artisti come John Lee Hooker e Ali Farka Touré. Accanto a Roland Tchakounté (chitarra elettrica e voce), saliranno sul palco di Nureci Mick Ravassat alla chitarra elettrica, Tahiry Jamiro Razanamasy al basso e Karim Bouazza alla batteria.
 
L’indomani (14 agosto) il Mamma Blues incontra una delle espressioni di spicco della scena musicale norvegese, con alle spalle negli ultimi dieci anni un unanime apprezzamento della critica e del pubblico per la sua cifra musicale unica: Kristin Asbjørnsen. La cantante e chitarrista, accompagnata da Olav Torget alle chitarre e Suntou Susso alla kora e al canto, presenta l’album “Traces Of You”, uscito tra febbraio e marzo di quest’anno. Una realizzazione dove risuonano tracce di musica dell’Africa occidentale, ninnananne e jazz contemporaneo del Nord Europa. 
 
La notte di Ferragosto è infine con Seun Kuti & Egypt 80. Il trentaquattrenne musicista e cantante nigeriano, figlio più giovane della leggenda dell’afrobeat Fela Kuti, arriva al Mamma Blues con il suo nuovo album “Last Revolutionary”, il quarto registrato in studio con la straordinaria orchestra creata dal padre (l’epica Africa 70), ribattezzata Egypt 80 per riflettere le origini dell’Africa nera dall’antica civiltà faraonica. Con Seun Kuti (sassofono contralto, tastiere) altri tredici musicisti: Adebowale Osunnibu e Ojo Samuel David ai sassofoni, Adedoyin Adefolarin e Oladimeji Akinyele alle trombe, le coriste e danzatrici Joy Opara e Iyabo Adeniran, David Obanyedo e Oluwagbemiga Alade alle chitarre, Kunle Justice al basso, Shina Niran Abiodun alla batteria, Kola Onasanya, Wale Toriola e Okon Iyamba alle percussioni.
 
Come da tradizione, ogni serata di Mamma Blues è introdotta alle 22 e chiusa nel tradizionale dopoconcerto, intorno alla mezzanotte, nei Giardini del Sottomonte, da una formazione isolana: il 13 agosto il Bob Forte Trio, il 14 il duo Don Leone (mentre è ancora da definire chi suonerà il 15). 
 Fitto il calendario di eventi, tra arti visive, cinema e incontri, che declina il tema DromosRevolution. In testa su tutti l’anteprima di Dromos, il 28 luglio a Oristano, con l’inaugurazione, alle 19.30 alla Pinacoteca comunale “Carlo Contini”, della mostra d’arte contemporanea “68/Revolution – Memorie, nostalgie, oblii”, a cura del critico d’arte Ivo Serafino Fenu e di Chiara Schirru, allestita in collaborazione con Askosarte e la Pinacoteca di Oristano. A cinquant’anni dal ’68, anno “formidabile” e cruciale per alcuni dei suoi protagonisti, horribilis per altri – almeno per coloro che dalle barricate sono approdati a posizioni antitetiche rispetto agli ideali e alle utopie di allora –, la mostra propone una meditazione e alcuni spunti di riflessione inserendosi nel dibattito che, giocoforza, sta caratterizzando e accendendo gli animi per le celebrazioni del cinquantesimo anniversario. 
Sempre in tema di arti visive, per il terzo anno consecutivo, dopo Il Segno di Eva e le rose dell’architetto scozzese Charles Rennie Mackintosh nel 2016, dopoPrigioni, con l’omaggio alle labirintiche creazioni di Giovanni Battista Piranesi e di Maurits Cornelius Esher nel 2017, il festival si avvale, ancora una volta, della collaborazione dello scenografo Mattia Enna, componente della compagnia teatrale BobòScianel, per caratterizzare i concerti di DromosRevolution. Per l’occasione Enna rilegge il gioco del “domino”, utilizzando legno, cartapesta, materiali di recupero, qualche tocco pittorico e ispirandosi a suggestioni visive degli anni Sessanta e Settanta: alla pop art e alla optical art, alla grafica, alla moda e ai suoi simboli più in generale. 
 
Appuntamento d’eccezione quello del 2 agosto con Vito Mancuso a San Vero Milis, nel Giardino del Museo Archeologico alle 21.30. Il teologo brianzolo, di genitori siciliani, autore di bestseller da oltre centomila copie – il suo ultimo libro è “Il bisogno di pensare” (Garzanti, 2017) – tiene una conferenza intorno al tema della rivoluzione interiore. 
Il ’68, il movimento del 77, lo slancio sperimentale e creativo è raccontato anche nelle pagine del libro “Sulle labbra del tempo. ‘Area’ tra musica, gesti ed immagini”, scritto a quattro mani da Viviana Vacca e Diego Protani, con foto originali di Tano D’Amico
 
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