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L’ARTE CONCETTUALE DI NASAN TUR AL CASAMADRE A NAPOLI.

Nel greco antico il verbo “vedere” coniugato al perfetto, che è una sorta di passato, significa anche sapere. Come dire, io so perché ho visto. Il modo di lavorare dell’arte concettuale risiede nel far vedere e far sapere come fossero un’unica azione,la missione di quegli artisti il cui scopo non è mostrare qualcosa di nuovo ma indicare che ogni cosa può essere conosciuta davvero solo nell’atto dell’esposizione, cioè della visione.

In un certo modo si potrebbe dire che l’arte concettuale è il codice che rende pensabile quello che vediamo e soprattutto quello che non sappiamo di aver visto e che, se non impariamo a sapere, non potremo neanche mai dire di aver visto.

Quando però vogliamo farci un’idea del mondo che ci circonda, nell’epoca della comunicazione integrata, dove tutto ciò che appare è già fortemente connotato, come se ogni immagine fosse già vista, saputa e risaputa, diventa chiaro che si deve saper di vedere proprio questo congegno ideologico per poi mostrarlo. Così almeno crede Nasan Tur, l’artista concettuale che crea con destrezza e velocità spazi ambigui, quasi clandestini, tra ciò che vediamo e sappiamo nel flusso della comunicazione sociale e politica, agendo sulla sintassi più che sulla grammatica dei comportamenti e delle rappresentazioni. Il suo punto di vista infatti è che la verità di ciò che vediamo si forma nel concatenamento sociale di segno, significato e contesto. La verità per lui è un processo politico, non un dato di fatto individuale. Manipolabile e reversibile. E allora manomettere e alterare i meccanismi di riproduzione del rapporto tra immagine e sapere condiviso e stabilizzato è il modo di nasan tur per orientare il vedere verso una consapevolezza che è innanzitutto dubbio, ricerca, critica. Errori, contraddizioni, repentini capovolgimenti di senso sembrano atti sovversivi, armi classiche di ogni avanguardia, eppure qui non si tratta di definire o smentire, né di stupire o di irritare, qui la questione è prendersi il tempo necessario, guadagnare una pausa di riflessione per comprendere e magari scuotere l’indifferenza a cui siamo condannati dal senso comune delle cose e delle immagini mediatiche. Non c’è un pubblico borghese da provocare, né una comunità culturale con la quale sottilizzare su questioni di forma e di stile. Qui l’arte è un linguaggio in presa diretta sulla realtà sociale e politica. Noi dobbiamo vedere e sapere. Cioè dobbiamo imparare che si dovrebbe cominciare a vedere in un modo che ancora non sappiamo. E, sapendo che spesso non sappiamo ciò che vediamo, dovremmo provare a immaginarlo. Questo per Nasan Tur sarebbe lo scopo ultimo di un’opera d’arte: mettere in dubbio la verità di ciò che vediamo, che ci viene fatto vedere, che sappiamo, che ci si vuol far sapere. E non disperare che un altro mondo, un’altra verità, un altro modo di vedere siano possibili. Se poi ci chiediamo che cosa sia e a che cosa serva l’arte, si puó tentare una risposta: l’arte è un’etica dell’immaginazione..

18 Ottobre.Napoli

Palazzo Partanna

Piazza dei Martiri

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