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10 DOMANDE PER SCOPRIRE LA MOSTRA DI ‘PAUL KLEE.ALLE ORIGINI DELL’ARTE’

Dieci domande per spiegare e capire , la mostra di questo grande artista che aprirà al pubblico il 31 Ottobre al MUDEC,il Museo delle Culture di Milano.

 

  • Come descrivere l’artista Paul Klee in poche righe?

Acclamato come “liberatore” dai surrealisti a Parigi, professore osannato dagli studenti del Bauhaus, ispiratore di generazioni di artisti, eppure refrattario a ogni esercizio di scuola e riluttante a ridursi a un unico stile: Klee dedica la propria attività alla ricerca dell’«origine» dell’arte. Insegue forse più di ogni altro artista del ’900 la collaborazione tra rigore e fantasia, teoria e capriccio fantastico.

  • Perché per Klee è importante la ricerca delle origini dell’arte?

L’«origine» dell’arte non si colloca, per Klee, agli inizi della storia dell’arte occidentale né coincide con l’arte delle caverne. Originaria è piuttosto un’esperienza che permetta all’artista di distanziarsi dal quotidiano e di considerare le vicende umane da grande distanza, come attraverso un telescopio.

Nella ricerca delle origini, Klee vede il primitivismo e l’arte dei bambini come dei territori ancora inesplorati che più di ogni altro racchiudono in uno stile originale, innovativo, il segreto della prossimità all’origine della creazione. In essi Klee indaga metodi compositivi ma anche approcci psicologico-emotivi tradotti in figurazione, come nell’ambito delle maschere. Nella mostra, appositamente studiata per essere ospitata al MUDEC, i contatti con il milieu primitivista del periodo sono illustrati attraverso volumi d’epoca, reperti etnografici del Museo delle Culture e video autoriali, che ci “abilitano” a vedere con gli occhi di Klee.

 

  • Quali opere si possono ammirare in mostra?

Klee viene presentato sia attraverso le sue opere astratte e policrome, conosciute e amate dal grande pubblico, sia attraverso i suoi meno noti lavori caricaturali; al tempo stesso, puntuali ricerche sulle fonti, sui repertori iconografici e formali e sui documenti testuali danno conto della complessità del sostrato culturale dell’artista, della vastità della sua produzione e dell’ampiezza delle tecniche da lui utilizzate. La selezione di un centinaio di opere di Klee, accompagnata da preziosi manufatti etnografici del Mudec e da testi storici, focalizza alcuni spunti illuminanti della ricerca dell’originario, del primitivo, in una sequenza strutturata per temi. La mostra parte con le taglienti caricature del ciclo Inventionen e si conclude con una delle sue ultime pitture, un capolavoro – testamento. Il percorso è costellato da vere e proprie rivelazioni per il pubblico, prestiti importantissimi che per la loro fragilità si possono ammirare raramente.

  • Qual è stato il criterio di scelta e disposizione delle opere, per un artista assolutamente poliedrico e inesauribile come Klee?

Klee realizza durante la sua vita quasi 10.000 opere, che annovera nel suo catalogo ragionato: carte e pitture create con una pluralità e una innovazione stilistica sbalorditiva sono diligentemente ed equanimemente schedate, a dimostrare l’inesauribilità degli strumenti dell’artista, e nello stesso tempo la modestia e fallibilità dei suoi tentativi. In Klee ogni opera ha il suo posto nell’“inesausta narrazione” del pittore.

La selezione in mostra di un centinaio di opere di Klee, accompagnata da preziosi manufatti etnografici del Mudec e da testi storici, focalizza alcuni spunti illuminanti della sua ricerca dell’originario, del primitivo, in una sequenza strutturata per temi. La mostra è allestita con questo principio paratattico, disponendo le opere in un nastro orizzontale, con alternanza di chiaro e scuro, e luce diffusa, in un omaggio al progetto di Carlo Scarpa per la mostra di Klee nella Biennale di Venezia del 1948.

 

  • Quali sono le sezioni della mostra?

Le cinque sezioni in cui viene suddivisa la mostra raccontano il processo di formazione artistica. Dalla “caricatura” al periodo in cui Klee si definisce anche “illustratore cosmico”; a un primitivismo di tipo “epigrafico”, la cui sezione di riferimento non a caso è intitolata “alfabeti e geroglifiche d’invenzione”. Una sezione è costruita intorno al tema dell’arte extraeuropea e dell’arte dell’infanzia: le origini primordiali dell’arte, infatti – coerentemente con il suo tempo- per Klee sono da ricercarsi in questi ambiti dove egli indica che sia possibile operare una vera “riforma”. Una originale re-invenzione del teatrino di marionette che Klee aveva costruito per il figlio Felix, viene posta insieme a una selezione delle opere etnografiche del MUDEC. Infine, la sezione dedicata a “policromie e astrazione” designa un diverso insieme di opere, caratterizzate, oltreché dal rigoroso disegno geometrico per lo più associato a motivi architettonici, dalla trasparenza di differenti velature di colore.

  • Perché Klee fu così interessato a simboli, alfabeti e forme di scrittura?

Un’intensa produzione di simboli e alfabeti è rintracciabile in tutta l’opera di Klee. Il suo sarà un esercizio costante e divertito, intriso di conoscenze colte degli alfabeti antichi come il cuneiforme, il geroglifico o il demotico egizio, le rune celtiche, la calligrafia islamica e ogni sorta di sistema linguistico, anche d’invenzione. Klee è convinto che alle origini dell’arte ci sia una religione, un “popolo” o una comunità storica e linguistica provvista di simboli comuni e riti condivisi. Ed è convinto che occorra oltrepassare le iconografie tradizionali. A partire dal 1912-1913 Klee dissemina le proprie immagini di ideogrammi, rune o elementi “alfabetici” di invenzione. Si sforza di rinviare l’osservatore al processo che sta dietro l’immagine; di sollecitare in lui domande attorno al senso di ciò che vede; di indurlo a leggere e decifrare con attenzione.

 

  • Perché è importante soffermarsi sul titolo dato da Klee alle sue opere?

Il senso di ogni opera è racchiuso nella titolazione che ne è la chiosa finale; il titolo, infatti, dischiude un universo ambiguo e immaginario, sempre venato di ironia. Il nostro racconto farà appello alle parole e allo sguardo di Klee, invitando il visitatore a osservare i mondi insospettati che l’artista ha svelato ai nostri occhi.

 

  • Perché Klee fu così interessato all’arte dei bambini?

Klee guarda alla produzione infantile come a un differente territorio inesplorati della figurazione, come a una nuova fonte da cui attingere non solo soluzioni formali, ma anche un approccio al reale divergente da quello che permea l’immaginario europeo. La semplicità del tratto tipico del disegno infantile non esclude che i procedimenti creativi siano dotati di una loro complessità. Klee non è mai “innocente” nel suo operare artistico, che si caratterizza piuttosto come un procedimento di successiva purificazione di idee complesse, dove gli stili e le suggestioni della storia dell’arte si intrecciano e sono assai difficili da districare.

La visione perspicua dell’artista, per Klee, è dove la chiarezza è raggiunta a partire da elementi originari necessari e sufficienti: Egli spiega: “Se i miei dipinti destano talora l’impressione del primitivo, questa ‘primitività’ si spiega con la disciplinata riduzione del tutto a pochi tratti. Essa è soltanto senso dell’economia”.

 

  • Come mai un teatro delle marionette in mostra?

Il teatro delle marionette di Paul Klee nasce per esaudire una richiesta del figlio Felix. Tra il 1916 e il 1925, Paul realizza una cinquantina di pupazzi, di cui gran parte perduti. Il boccascena è ricavato da vecchie cornici, mentre per i personaggi Klee utilizza i materiali più vari che trova nel suo studio o in casa. Ossa di bue, prese elettriche, un pennello da barba, un guscio di noce compongono fantasiosamente i burattini, in un giocoso assemblaggio. Il repertorio è quello popolare tradizionale del teatro delle marionette nord-europeo, oppure nasce dall’inventiva di Klee, che ama raffigurare amici e colleghi, oppure dalla sua satira del tempo presente.

 

  • La mostra presenta opere di Klee mai viste in Italia?

Sì, ad esempio l’opera “Artista nomade – Manifesto” del 1940. Mai vista prima in Italia, l’opera è molto nota e, come suggerisce il titolo, è il manifesto della condizione dell’artista. Nel romanticismo tedesco l’azione del girovagare caratterizzava l’artista nel suo approccio alla natura, durante i tour di apprendimento per l’Europa e soprattutto l’Italia, ma anche come metodo conoscitivo, per penetrare nelle pieghe più riposte dell’universo naturale. Qui la figura è ridotta all’essenziale, come un geroglifico o un disegno di un bambino. Artisti di strada erano anche i burattinai che allestivano i teatrini su camioncini itineranti per le città.

Altro inedito in Italia è il dipinto Roccia artificiale, 1927. Il dipinto è un importantissimo per la scelta tecnica. Sul cartoncino viene prima applicato un colore di fondo, in genere gesso, in questo caso tempera bianca, sul quale è steso un secondo strato nero, di colori ad olio. I segni della pittura sovrapposti emergono dalla campitura scura sottostante come spiragli di luce, ricordandoci gli esperimenti di Klee con l’incisione, risalenti ai primi del ‘900, dove egli impiegava il contrasto bianco – nero per far sgorgare “l’energia della luce dalla tenebra”, come secondo le leggi della natura. Sia l’opera d’arte, sia l’universo che compone la natura, sono frutto di un atto creativo; ma dato che l’opera d’arte è il risultato di un artificio umano, le rocce di Klee non posso che essere artificiali, in contrapposizione a quelle naturali.

 

 

 

 

 

 

 

 

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