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JACOPO ÈT, TRA I POSTI FELICI E LA VERITÀ DELLA SCRITTURA – l’intervista

Dal successo come autore a una nuova dimensione artistica personale. Con “Becalóva”, Jacopo Èt continua il viaggio di Sammy, Cabiria, etc. etc. tra intimità, ambizione e il bisogno di ritrovare casa dentro sé stessi. Scrive senza filtri, attraversa generi diversi, firma hit che tutti cantano ma resta profondamente legato alla verità delle parole. Jacopo Èt è uno degli autori più influenti della scena italiana di oggi, ma nel suo progetto discografico mette al centro la propria voce artistica. Con Becalóva racconta il luogo felice a cui tornare quando inseguire i sogni diventa faticoso, e la domanda “ne vale davvero la pena?” torna a bussare.

“Becalóva” in emiliano significa “becca l’uva”, un posto felice. Qual è oggi il tuo posto felice, reale o immaginario, e come cambia con le diverse fasi della tua vita?

Di posti felici per fortuna ne ho un po’: il primo che mi viene in mente è Amendolara, un piccolo paese in Calabria da cui venivano i miei nonni e dove vado ogni estate; poi c’è Pantelleria, che ho scoperto 4 anni fa con Maura, la mia ragazza; c’è Bologna, la mia città; Ciciano, in Toscana, da cui viene la mia mamma; e poi sì, c’è proprio Becalóva, dove vive la famiglia di Maura e dove ogni volta si ferma il tempo.

Nella tua musica torni spesso sull’inseguire i sogni ma anche sul domandarti se ne valga la pena. Hai ancora dubbi?

Non potrei vivere senza inseguire i sogni. Se li realizzassi tutti mi annoierei da morire. Da quando lavoro con la musica mi sono inventato altri viaggi solo per complicarmi la vita. Corro tantissimo e mi stanco, ma appena mi fermo ho voglia di correre di nuovo. Sono condannato.

Sei passato da classica, hip hop e cantautorato. Una parola per riassumere tutto questo?

“Passione”. Sono e sarò sempre un malato di musica.

In “Sammy, Cabiria, etc. etc.” la scrittura è centrale e molto intima. C’è una frase che senti la più vera che tu abbia mai scritto?

Non sono un grande fan delle classifiche, per cui non ho ben chiaro quale potrebbe essere la mia frase più vera, probabilmente perché non me lo sono mai chiesto. Per me la scrittura è un mix totalmente caotico tra verità e scelte di gusto, tanto che spesso alla fine finisco per non sapere nemmeno più quale frase sia nata per prima in modo immediato e quale invece mi abbia fatto dannare per un mese.

Hai firmato hit che sono diventate colonne sonore per altri. Ti è mai capitato di sentirle in giro e provare un’emozione inaspettata?

Le prime che ho scritto da autore mi hanno fatto un effetto assurdo. Lavoravo in uno studio legale a Roma e sentire le mie canzoni alla radio mentre andavo in ufficio era surreale.

Dici di scrivere “senza filtri”. Quanto è difficile esporsi così in un’epoca patinata?

Credo che adesso fare musica sia difficilissimo in generale, si è costantemente bombardati da musica di altri che inevitabilmente fa crollare anche le convinzioni più solide sulla propria musica. Dopo un po’ di anni ho capito che la mia unica chance per fare pace col cervello era quella di fare musica che mi facesse stare bene con me stesso. Ovviamente è bello se piace a più persone possibili, non sono ipocrita. Però non voglio scrivere per piacere ad altri, se no scrivere diventa veramente una tortura.

Ti sei mai sentito in conflitto tra autenticità e richieste dell’industria?

Assolutamente. L’industria vorrebbe sempre tante canzoni il più velocemente possibile, mentre l’autenticità a volte ha bisogno di mesi per venire fuori. Ultimamente scrivo di meno, è vero che scrivere aiuta a scrivere, ma credo che questo momento storico preferisca poche canzoni buone rispetto a tante ma anonime.

Se potessi lasciare un messaggio inciso dentro “Becalóva” da ritrovare tra 50 anni, quale sarebbe?

Il desiderio di rintanarsi nei propri posti felici.

Hai vissuto palchi grandi e dimensioni intime. Dove ti senti davvero a casa?

A Sanremo da artista non ci sono mai stato. Le migliaia di persone le ho viste in alcuni festival, ma fare l’autore è diverso dal fare l’artista. Quando Sanremo inizia, io ho già finito il mio lavoro; per chi canta è lì che comincia tutto. Amo le dimensioni intime: è lì che nasce la musica.

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